La scuola delle regole

01.05.2025

Negli ultimi tempi mi ritrovo sempre più spesso coinvolto nella questione sollevata da colleghi insegnanti del doppio ruolo di educatore e di formatore, e osservo che è diffusamente dato per acquisito che non vi sia conflitto né contraddizione in termini fra queste due figure professionali, attribuite alla stessa persona. Su questo argomento vorrei condividere alcune riflessioni. 


Di fatto, l'insegnante di frequente si ritrova nella condizione di dover far rispettare dagli studenti, e con notevole impegno di energie, regole comportamentali e di autodisciplina.


Vero è, però, che ogni insegnante deve finalizzare le proprie attività formative all'acquisizione di competenze che nell'attuale era delle 'complessità', rispondono alla definizione di problem solving, capacità di analisi, attitudine alla progettazione, semplificata quanto si voglia, flessibilità mentale, adattamento rapido a nuovi e diversi contesti, ciascuno dei quali governato da appropriate norme di riferimento per il comportamento. 


Si tratta di competenze che richiedono al formatore di operare in direzione esattamente contraria rispetto a quella dell'educatore: stimolare e liberare nello studente ogni potenziale forma di superamento di regole e schemi, che se non poste in discussione dall'allievo, attraverso libertà di inventiva e creatività, vanno a costituire situazioni di stallo ideativo.


Pertanto credo che il lavoro dell'insegnante sia contraddistinto dal dover assumere un ruolo di delicato equilibrio fra obiettivi professionali contrapposti.


Quando studiavo da adolescente composizione musicale venivo sempre riportato sui binari di una disciplina che i miei maestri definivano necessaria per potermi esprimere, fatta da una serie di regole tanto più assimilate quanto più di esse gli stessi maestri riuscissero ad evidenziarmene la valenza ai fini dell' autocontrollo in fase ideativa.


Le regole come "binari", cioè forma e struttura portanti della mente per poter veicolare idee.


Nessun grande pianista senza il controllo disciplinato nei movimenti fisici, da quello del proprio corpo a quello delle proprie dita può interprerare la musica con impronta personale, rivelando la propria vocazione. Sembrerà una coincidenza, se la didattica orientativa nelle scuole sia stata adottata proprio con lo scopo di far emergere in ogni singolo studente le proprie motivazioni di fondo nello studio e nella vita.


Nella storia delle rivoluzioni ideative che hanno segnato il progresso dell'umanità, proprio chi ha cambiato o stravolto regole e leggi di sistema, le ha conosciute e riconosciute nel loro senso e significato (la cosiddetta "ratio"), prima di modificarle.


Lo scrittore Augias sostiene, e forse con buone ragioni, che la scuola serva a liberare il giovane dalle sue innate prigioni, suggerendo probabilmente il mito platonico dell'uomo che ha sempre vissuto in una buia caverna senza mai aver saputo tirarsene fuori fintantoché qualcuno dall'esterno, e senza alcun tornaconto personale, non gli avesse portato la luce della conoscenza che lo liberasse dalla condizione di chi non sa e non fa, ma soprattutto nulla può. 


Il lavoro dell'insegnante dovrebbe essere accostato, in effetti, alla figura di chi insegna i modi e i tempi della libertà di pensiero con l'unico principio etico di non porre limiti alla libertà altrui.

Domenico Renna